Anche “Il Giornale di Udine” dedica un articolo alla commemorazione
Questo la versione integrale della “lettera” aperta che è stata enunciata durante la commemorazione:
Si commemora oggi il secondo anniversario della tragica scomparsa del Dott. Giuseppe De Donno, infatti due anni fa, il 27 luglio del 2021, il professore Giuseppe De Donno si tolse la vita (così almeno è stato dichiarato).
Il medico sarebbe stato trovato impiccato nel suo appartamento dove viveva con la moglie e una figlia. Il condizionale è d’obbligo quando si trova un corpo senza vita seppur apparentemente morto per una “precisa”, o forse meglio dire, presunta volontà di farla finita.
La procura di Mantova aprì formalmente un inchiesta sull’ipotesi di reato per istigazione al suicidio ma come ben si sa per alcuni tipi di suicidio raramente si trovano i “responsabili”. Ufficialmente è morto suicida ma avanzano seri sospetti sulle reali circostanze della sua morte.
Ma che cosa è realmente accaduto al dottor De Donno?
La domanda va posta seriamente se si considera la storia non lineare del nostro paese, dove in molti casi si sono registrate circostanze dichiarate frettolosamente “suicidi” esi sono catalogatemorti, non propriamente chiarissime, che hanno lasciato le porte aperte a molte domande e dubbi. Come la morte del dott. Franco Trinca; quella dell’onorevole Bartolomeo Pepe; del dott. Domenico Biscardi, e recentemente del medico britannico Rashid Buttar, defunto negli Stati Uniti, e di molti altri ancora in diverse parti del mondo. Strana coincidenza per tutti costoro: erano tutti considerati dal sistema come “teorici della cospirazione”. Loro, come tanti altri, hanno divulgato ciò che il sistema si cura bene di fare sapere o semplicemente occulta.
De Donno si sarebbe suicidato, quindi, senza però lasciare alcun messaggio, alcuna spiegazione. Per questa ragione le cause sono ancora del tutto incerte. Come spesso accade in questi casi, è del tutto lecito porsi alcune domande e sollevare alcuni dubbi.
- Perché si tolse la vita, se aveva dei progetti, come quello di creare un centro di ricerca etica collegato ad altre università d’Italia?
- Perché non denunciò, in una lettera d’addio, chi e perché hanno voluto zittirlo?
- È stato forse minacciato, lui e la sua famiglia ?
- Perché non ha scritto una lettera di denuncia ? per salvaguardare la propria famiglia?
De Donno aveva solo 54 anni, era primario di pneumologia presso l’ospedale Carlo Poma di Mantova, era conosciuto anche al di fuori degli ambienti ospedalieri per essere stato vicesindaco di Curtatone. Aveva acquisito un Diploma al liceo classico, aveva conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia all’università di Modena con 110 e lode. Dopo gli studi universitari, aveva completato la sua formazione attraverso diversi corsi di perfezionamento in fisiopatologia e allergologia respiratoria raggiungendo la specializzazione nel 1996. Dal 2010 al 2013 è stato responsabile del “Programma di assistenza domiciliare respiratoria ad alta intensità per pazienti dipendenti della ventilazione meccanica domiciliare”e nel 2013 era diventato dirigente medico della struttura complessa di Pneumologia e del UTIR (Unità Terapia Intensiva Respiratoria) dell’Ospedale Carlo Poma.
L’anno prima della sua morte, aveva iniziato la cura del Covid utilizzando le trasfusioni di plasma iperimmune, una terapia che prevedeva l’infusione di sangue di contagiati dal Coronavirus, sangue che, dopo essere stato opportunamente trattato, veniva trasfuso in altri pazienti infetti. Così, oltre all’effetto sanitario del trattamento c’era anche l’aspetto sociale, perché il dottor De Donno riteneva che: “Il plasma è democratico perché è del popolo che dona il plasma per salvare il popolo”. Insomma, un trattamento dove il sangue del popolo ritorna al popolo per salvarlo.
Inizialmente De Donno aveva ricevuto attestati di stima e di incoraggiamento per proseguire nella sua ricerca (seppur sperimentale e sottoposta a continue successive verifiche). Poi, improvvisamente, la sua terapia fu contrastata (per non dire boicottata) e alla fine bocciata dall’Aifa e dall’Istituto Superiore di Sanità che ne decretò la sua inefficacia. Tuttavia, la cura per combattere il Covid, utilizzando il plasma “convalescente”, ebbe come risultato la guarigione del 90% delle persone trattate.
Certo, pensare che De Donno possa essersi suicidato a causa del fatto che la sua cura non abbia trovato il consenso desiderato, può convincere solo coloro che hanno, come criterio principale, quello della visibilità, dei guadagni, dell’immagine e del potere.
Era noto che il medico stesse raccogliendo fondi per fondare una clinica e curare gratuitamente i malati di Covid19 con il suo trattamento. In un audiovideo inedito realizzato da De Donno nel 2020 (pubblicato su YouTube) si era rivolto alla dottoressa Moretti in cui spiegava l’intento, desiderio, “sogno” di promuovere un Centro di ricerca etica anche a Modena con queste parole:
«Mi farebbe molto piacere incontrare e coinvolgere anche gli industriali della ceramica del modenese, perché il mio sogno è che questo centro di ricerca etica non nasca solo a Mantova ma collegato anche con altre università, tra cui quella di Modena. Ne stiamo discutendo con il direttore generale sulla tipologia giuridica a cui affiliare questo centro. Appena ho una bozza del progetto pronta la vorrei sottoporre all’attenzione dei vostri interlocutori e so che il vostro responsabile è preoccupato per quello che ho detto in audizione al Senato sulla sperimentazione del Tocili zumab (anticorpo monoclonale umanizzato ), ma se credono di tapparmi il muso si sbagliano di grosso».
Secondo il professore Alberto Zangrillo: “De Donno era un nemico per il sistema. Quando non porti i miliardi a Big Pharma, ti ammazzano“, e così il professor Zangrillo poche ore dopo la morte del medico, si convertì al Green pass che aveva precedentemente bocciato. Non può essere una coincidenza.
La scomodità di un personaggio che pone dubbi e domande sul “verbo unico” o la “narrativa ufficiale” e riesce ad individuare strade alternative e valide a costo decisamente inferiore rispetto ai protocolli tradizionali, può rivelarsi incredibilmente pericoloso ed è per questo che è stato calunniato, declassato, ignorato, messo all’angolo e deriso dai virologi collaborazionisti, nuove “Virostar” della televisione italiana.
De Donno era diventato un caso nazionale fin troppo sottoposto ad un’attenzione mediatica eccessiva, enfatizzata, trasformata in qualcosa che non era più circoscritta all’ambito scientifico, quanto, invece, esasperata dai toni trionfalistici da una parte e denigratoria, accusatoria dall’altra, tanto da considerare il sanitario un “ciarlatano”, un “esibizionista”, perfino “un santone” e un “messia” in cerca di visibilità e pubblicità, colpevole insomma di essere stato protagonista, suo malgrado per aver sostenuto e difeso la terapia del plasma per curare il Covid-19. Stessa cosa accadde ad altri personaggi dissidenti alla narrativa ufficiale come il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier e il virologo Giulio Tarro.
Tradito da tutti, smette di fare il primario al Carlo Poma, lascia l’ospedale e arriva a Porto Mantovano per fare il medico condotto.
In una intervista aveva confessato di provare sconforto, delusione, amarezza, per come era stato trattato dopo aver dichiarato la guarigione di 48 pazienti nel suo ospedale e in tutta risposta si era visto arrivare i NAS nel suo reparto.
Non risulta però che i NAS, i “Nuclei Antisofisticazioni e Sanità”, abbiano indagato sulla composizione del siero magico. La sua sperimentazione non era frutto solo del suo personale convincimento ma di una collaborazione scientifica con il Policlinico San Matteo di Pavia.
Subì l’emarginazione per aver sostenuto una terapia che a detta di altri collaborazionisti quali giornalisti, istituzioni pubbliche sanitarie e politiche, era risultata fallimentare.
Peccato però, perché poco tempo dopo, uno studio americano finanziato dal dipartimento della Difesa e dal NIH, “National Institutes of Health”, ovvero l’Istituto Nazionale della salute che è l’agenzia governativa che si occupa di ricerca medica, abbia confermato l’efficacia del trattamento col plasma. Nello studio pubblicato su The New England Journal of Medicine (tra le riviste più autorevoli al mondo) si legge: “Il plasma convalescente Covid-19 «non ha limiti di brevetto ed è relativamente poco costoso da produrre, poiché molti singoli donatori possono fornire più unità».
Alcuni giornali italiani hanno pur scritto articoli con titoli come: “L’Italia dimentica la terapia De Donno. Il plasma iperimmune utilizzato solo all’estero”.
Fin dal principio della cosiddetta “pandemia” ogni sperimentazione, cura, proposta terapeutica, richiesta di somministrazione di terapie alternative, innovative, al fine di contrastare l’infezione da Sars-Cov-2, hanno suscitato reazioni opposte, veti, dichiarazioni pseudoscientifiche non avvalorate da prove. E questo è successo ad altre documentazioni di cure efficaci ma che sono state ostacolate e vietate, malgrado la dimostrazione da parte di migliaia di medici di base che hanno potuto curare con efficacia i malati a domicilio con farmaci utilizzati da sempre nei protocolli farmacologici nelle malattie virali come l’Idrossiclorochina e l’Ivermectina. Eppure l’AIFA in quel periodo sospese l’autorizzazione all’utilizzo dell’idrossiclorochina per il trattamento del COVID-19 al di fuori degli studi clinici.
La politica sanitaria adottata non fu certo applicata con criterio sanitario, epidemiologico ma bensì su decisioni politiche, previamente stipulate, perché l’unica cura possibile doveva essere il “vaccino”.
La rettitudine e l’integrità morale del dott. Giuseppe De Donno si può sintetizzare in alcune sue frasi che rimarranno impresse nella tragica storia italiana degli ultimi anni:
«La terapia con il plasma costa poco, funziona benissimo, non fa miliardari. E io sono un medico di campagna, non un azionista di Big Pharma».
“Ho due rimpianti: dovevo iniziare ad alzare la voce prima e in maniera più energica. Il mio era un dovere civico. Se tutto continua a restare in mano a questi scienziati prezzolati non si va da nessuna parte. Quando parlo a un congresso, la prima slide che proietto riguarda il conflitto di interessi. Io non ne ho, non ne ho mai avuti. Mi piacerebbe che i medici che vanno in tv facessero lo stesso”.
E così il pioniere della terapia con il plasma iperimmune fu silenziato.
Per concludere, cito queste belle parole di cordoglio scritte da Diego Fusaro: “Addio eroe, hai nobilitato la medicina nel tempo del suo più buio degrado ideologico, ti sei opposto alla medicina asservita al potere dei giganti del capitale, hai difeso la medicina democratica, quella del popolo e per il popolo e sapevi bene che ai poteri non sarebbe piaciuto affatto. Riposa in pace, continueremo a lottare anche per te in difesa della democrazia e della libertà, contro l’interesse dei pochi che comandano a nocumento dei più. La tua è stata una battaglia nobile e noi continueremo a portarla avanti.”